Fotografia body art

Dentro una scatola si può nascondere il mondo. O forse, è il mondo che ci spinge lì dentro. Un mondo fatto di angoli chiusi, pareti sottili, respiri trattenuti. Il corpo si piega, si adatta, si fa piccolo. Rimpicciolisce per sopravvivere, per restare dentro i confini di ciò che sembra sicuro. Una gabbia di cartone è più reale di quanto sembri: fragile, ma assoluta; temporanea, ma totalizzante. È rifugio? È prigione? È grembo che accoglie o contenitore che soffoca

Il bianco e nero rende la scena universale. Non ci sono distrazioni, solo forma e respiro trattenuto. La pelle contro il cartone, l’ombra che accarezza le curve, il silenzio che si fa materia. È una fotografia che non cerca di compiacere: mette in mostra la fragilità come un atto di coraggio. È una riflessione visiva sul contenimento, sulle barriere invisibili che ci costruiamo — o che ci vengono imposte.

In questo spazio così limitato, l’immagine trova un’ampiezza interiore. Qui non c’è posa, ma presenza. Non c’è nudità, ma verità. Una donna, un corpo, una scatola: e l’intero mondo dentro.