Corpi nella plastica

Da dentro. Smarrirsi nella trasparenza vischiosa, tra un respiro a metà e una gabbia di fruscii. Sfocati, disperi nei tremolii di un muro impalpabile, gli occhi si volgono al cielo increspato, s’ancorano alla solidità della terra, cercano il buio delle palpebre e scoprono la nebbia oltre il velo.

Da qui, il ticchettio del mondo giunge ovattato, battito cardiaco in sottofondo, un sibilo che punge l’udito e disturba la percezione. Questa veste soffocante è vetrata liquida, barriera lattiginosa e specchio deformante. Oltre, solo una realtà corrosa, lo scarabocchio d’un bambino che travalica limiti e non rispetta contorni.

Tu, indistinto viaggiatore, cammini attraverso lande desolate e spoglie. Ai tuoi occhi sono una sposa solitaria, spettro dissolto nel baluginio del cielo, accasciato sulla terra brulla, tra materia, aculei e spine.

Annego, come se l’acqua oceanica trangugiasse le mie membra, attirandomi nell’abisso, appannando la vista e attutendo il rumore. Vorrei rinascere da crisalide molle, in forma di falena notturna, mortalmente attirata da un bagliore. Eppure, questo velo è ambra – sono intrappolata nella resina, scivolo nel gorgo.

Non ti vedo. Non ti sento. Non percepisco la tua pulsazione. Non sei che un’ombra vibrante dietro la palpebra, una sagoma vorticante attorno al ciclone. Ed io, nell’occhio, sono muta spettatrice di un mondo che lentamente si disfa.

Questa veste è una seconda pelle che mi rende insensibile, inscalfibile.

Non vedo. Non sento. Non percepisco.

Al di là della pellicola, il vuoto palcoscenico della vita.

Photographer: Marco Rizzo
Model: Kael
Text: Kael

Plastica di Marco Rizzo

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